Prematuri: come accelerare la maturazione del microbiota?
I neonati prematuri presentano un microbiota intestinale con caratteristiche particolari, che li differenziano precisamente da quelli nati da parto vaginale a termine. Infatti, questi prematuri presentano una ridotta alfa-diversità e un aumento di batteri potenzialmente patogeni. Inoltre, spesso questi pretermine sono maggiormente soggetti ad essere nati tramite taglio cesareo, ricevere trattamenti antibiotici, e venire ospedalizzati per un periodo di tempo più lungo rispetto ai nati a termine.
Lo sviluppo del microbiota di questi neonati sembra essere fortemente correlato all’età gestazionale, fino ad arrivare ai neonati estremamente prematuri che possono andare incontro a problematiche molto serie come la NEC e la sepsi neonatale, che non sono solo situazioni legate ad un alterato microbiota intestinale ma che possono essere prevenute tramite l’utilizzo di probiotici adatti al microbiota di un neonato.
Proprio su questi punti ha posto l’attenzione lo studio Supplementation with a probiotic mixture accelerates gut microbiome maturation and reduces intestinal inflammation in extremely preterm infants, pubblicato nel 2022 su Cell, in cui è stata valutata la capacità colonizzante di bifidobatteri e L. rhamnosus in neonati estremamente prematuri, valutando inoltre l’impatto dei probiotici sulla maturazione del microbiota intestinale e sull’azione antinfiammatoria in questi piccoli pazienti.
Non tutte le specie batteriche sono uguali
Nello studio, sono stati arruolati neonati estremamente prematuri, con un’età gestazionale minore di 29 settimane, e sono stati trattati con una miscela probiotica contenente bifidobatteri e L. rhamnosus. Il disegno di studio ha previsto campionamenti fecali dopo 1 settimana di vita fino a 6 mesi dopo lo stop del trattamento probiotico, al fine di valutare il cambiamento del microbiota in questi bambini e i livelli di citochine infiammatorie che spesso caratterizzano i neonati pretermine.
Innanzitutto, gli autori hanno evidenziato l’importanza della somministrazione del corretto ceppo batterico in questi neonati, in quanto soprattutto in quest’età della vita il microbiota è caratterizzante e importante per diverse funzioni, soprattutto riguardanti la digestione degli HMO e la corretta maturazione del microbiota intestinale.
Ebbene, in quest’ottica, i ricercatori hanno evidenziato come 6 mesi dopo il trattamento con i probiotici, tutti i bifidobatteri avessero colonizzato stabilmente il microbiota dei bambini e fossero proliferati, mentre il ceppo di L. rhamnosus fosse sotto i livelli detectabili all’interno dei campioni fecali, testimoniando come questo ceppo di L. rhamnosus non sia stato in grado di colonizzare e proliferare all’interno del microbiota del neonato.
L’adattamento dei ceppi di bifidobatteri, soprattutto B. bifidum, è stato possibile grazie alla loro abilità di digestione di HMO e zuccheri esosi, non comune a tutti i generi batterici.
Viene riportato all’interno dell’articolo come la proliferazione dei bifidobatteri, B. bifidum in primis, abbia permesso la maturazione del microbiota in modo anticipato rispetto ai controlli non trattati. Questo sembra essere dovuto in parte alla capacità del B. bifidum di rendere disponibili substrati derivanti dall’idrolisi del muco e degli HMO in modo mutualistico, favorendo la crescita degli altri membri batterici.
I livelli infiammatori
La maturazione del microbiota nei bambini trattati con i probiotici ha permesso di ottenere anche una maturazione a livello metabolico in questi bambini rispetto ai soggetti pretermine non trattati. Questa valutazione è stata effettuata valutando la presenza di 82 metaboliti nei campioni fecali dei due gruppi, evidenziando come ben 14 di questi metaboliti siano risultati presenti in maniera significativamente maggiore nel gruppo dei trattati rispetto ai controlli, raggiungendo livelli simili a quelli presenti nel microbiota dei bambini nati a termine.
Infine, ma forse il più importante, l’aspetto infiammatorio. Questo risulta essere cruciale in quanto i neonati estremamente prematuri presentano un aumentato rischio di NEC, che consiste proprio in una condizione infiammatoria devastante.
Valutando la concentrazione di 17 citochine a livello dei campioni fecali, gli autori hanno evidenziato come la somministrazione dei probiotici abbia portato ad una riduzione di importanti citochine proinfiammatorie, incluse calprotectina, INF-gamma, IL-12 e IL-4. Questo dimostra ancora una volta, come riportato in innumerevoli studi, l’attività antinfiammatoria dei bifidobatteri.
Gli autori concludono dicendo come, con il progredire delle conoscenze sul microbiota neonatale, sia importante selezionare accuratamente i probiotici che contengono i giusti ceppi batterici che sono fisiologicamente colonizzanti i neonati fin dai primi giorni di vita, che possono così funzionare come strumenti per l’equilibrio del microbiota e dei livelli infiammatori di questi neonati così vulnerabili.