Probiotici per la Sindrome dell’Intestino Irritabile: un’analisi approfondita

I probiotici vengono considerati da tempo un’opzione integrativa per affrontare la sintomatologia legata alla sindrome dell’intestino irritabile (IBS), tuttavia vi è molta confusione su quanto siano davvero efficaci.
Il gruppo di Yang e colleghi ha recentemente condotto una vasta revisione sistematica e metanalisi, Efficacy and safety of probiotics in irritable bowel syndrome: A systematic review and meta-analysis, analizzando in modo approfondito l’efficacia e la sicurezza dei probiotici nel trattamento dell’IBS e fornendo un quadro più chiaro sull’impiego di questi microrganismi benefici nella gestione di questo disturbo così diffuso.

Efficacia e sicurezza dei probiotici

L’analisi, condotta su 20 studi (randomizzati e controllati-contro-placebo), coinvolgendo oltre 3000 pazienti, ha dimostrato che i probiotici sono effettivamente più efficaci del placebo nel ridurre i sintomi dell’IBS.
In particolare, si evidenzia che i probiotici ad alto dosaggio (almeno 1010 unità formanti colonia al giorno) riducono significativamente il dolore addominale rispetto al placebo, mentre non ci sono differenze statistiche tra i gruppi trattati con basse dosi di probiotici e quelli trattati con placebo. Questo dato sottolinea l’importanza di somministrare una quantità adeguata di microrganismi probiotici per ottenere risultati clinici significativi, modulando positivamente il microbiota intestinale e alleviando i disturbi associati all’IBS.
L’analisi inoltre mostra che gli studi sono concordi nel definire i probiotici come generalmente ben tollerati: infatti non ci sono effetti collaterali significativi nel gruppo trattato (rispetto al placebo).

Eterogeneità degli studi e limiti

Un’importante limitazione riscontrata da questa review è l’elevata eterogeneità degli studi inclusi.
Sono stati utilizzati numerosi ceppi probiotici diversi e raramente era presente una distinzione chiara in base ai sottotipi di IBS (IBS con prevalenza di stitichezza (IBS-C), IBS con prevalenza di diarrea (IBS-D) o IBS mista/con alternanza (IBS-M)), sesso tutti inclusi nello stesso studio. Questa mancanza di standardizzazione rende difficile trarre conclusioni definitive sull’efficacia di uno specifico probiotico nel trattamento dell’IBS nei suoi diversi sintomi.

Verso una Terapia Probiotica di Precisione

Proprio l’eterogeneità degli studi sottolinea l’importanza di un approccio più mirato nella terapia probiotica. Oltre al dosaggio, infatti, la scelta di un Probiotico di Precisione dovrebbe essere valutata tenendo conto del sottotipo di IBS e delle caratteristiche del ceppo batterico, che ne definiscono l’attività organo-specifica.
Un esempio è il caso del probiotico Bowell® nell’IBS-C: il ceppo B. longum W11, infatti, è caratterizzato dalla capacità specifica di metabolizzare pectine e acidi biliari in molecole che aumentano la frequenza delle evacuazioni e migliorano la consistenza delle feci, distinguendosi quindi per un’importante azione anti-stipsi.
Nell’IBS-D ed M è dimostrata una netta carenza di butirrato a livello intestinale: questo metabolita è fondamentale nel mantenimento dell’integrità della barriera intestinale e migliora l’assorbimento sia di sodio che di acqua a livello del colon. Il ceppo C. butyricum CBM588®, contenuto in Butirrisan®, è un forte produttore di butirrato, capace inoltre di aiutare la crescita di altri ceppi butirrato-produttori, migliorando la sintomatologia diarroica e risultando di enorme vantaggio ai pazienti con IBS-D.
In futuro potrebbe diventare conveniente adattare la terapia probiotica anche al profilo del microbiota intestinale individuale, dato che personalizzare il trattamento potrebbe migliorare significativamente l’outcome terapeutico.