Prebiotici e microbiota intestinale: degradazione, metaboliti e strategie nutrizionali personalizzate
La review pubblicata su Nutrients nel 2022, dal titolo “Prebiotics and the Human Gut Microbiota: From Breakdown Mechanisms to the Impact on Metabolic Health”, rifà il punto sulla definizione dei prebiotici, concentrandosi sulle principali fonti e sulla natura di questi componenti, che sono principalmente polisaccaridi non digeribili.
Esamina poi i meccanismi di degradazione di tali carboidrati complessi da parte del microbiota intestinale, che danno origine agli acidi grassi a catena corta (SCFA), molecole chiave nel dialogo tra il microbiota intestinale e l’ospite.
Infine, analizza gli studi sull’uomo che hanno esplorato il potenziale dei prebiotici nel controllo delle malattie metaboliche, rivelando le risposte personalizzate all’ingestione dei vari prebiotici in base alle diverse prevalenze batteriche del microbiota intestinale.
Microbiota e strategie nutrizionali prebiotiche
Il microbiota intestinale svolge un ruolo centrale nella fisiologia e nel metabolismo umani; esso supporta l’addestramento e la funzione del sistema immunitario dell’ospite, contribuisce alla sua omeostasi metabolica, influenza le funzioni neuro-cognitive e fornisce resistenza alla colonizzazione e all’invasività dei patogeni.
In questo contesto, gli interventi basati sulla dieta sono strumenti promettenti per modificare il microbiota intestinale verso una struttura comunitaria favorevole all’ospite.
Il concetto di prebiotico si riferisce alla strategia nutrizionale che mira a perfezionare la composizione e la funzione del microbiota intestinale per favorire la salute e il benessere. Questo concetto è stato introdotto per la prima volta nel 1995 e da allora si è molto evoluto, insieme ai progressi nella nostra comprensione del microbiota intestinale.
Prebiotici: definizione e caratterizzazione
L’International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP) nel 2017 ha proposto di ridefinire il prebiotico come “un substrato che è selettivamente utilizzato dai microrganismi ospiti per conferisce un beneficio per la salute” I prebiotici devono soddisfare almeno tre criteri per definirsi tali: (a) resistenza all’acidità gastrica, all’idrolisi da parte di enzimi umani e all’assorbimento gastrointestinale; (b) fermentazione da parte del microbiota intestinale; (c) stimolazione selettiva della crescita e/o attività dei batteri intestinali associati alla salute e al benessere.
Prebiotici: fonti e natura chimica
La principale categoria di prebiotici è quella dei polimeri non digeribili, costituiti da carboidrati complessi e derivanti dalle piante, sebbene sostanze non a base di carboidrati abbiano iniziato a emergere per il loro potenziale prebiotico, tra cui acidi grassi polinsaturi, polifenoli e pure alcaloidi.
I carboidrati non digeribili, principalmente fibre alimentari e amidi resistenti, genericamente detti glicani, sfuggono alla digestione dell’ospite e raggiungono la parte inferiore del tratto gastrointestinale, dove diventano cibo per il microbiota intestinale.
Ogni carboidrato alimentare presenta caratteristiche strutturali distinte, correlate alla lunghezza della molecola, alle diverse frazioni di zucchero, alla presenza di sostituenti, alla stereochimica dei legami e alla ramificazione delle catene laterali, che influenzano la loro digeribilità microbica.
Prebiotici: tipologie chimiche
I primi prebiotici glicanici con cui viene in contatto un mammifero sono gli oligosaccaridi del latte materno (HMO), costituiti da diverse combinazioni di glucosio e/o galattosio con zuccheri meno comuni originati direttamente nella ghiandola mammaria, che determinano principalmente un’abbondanza dominante di alcune specie di Bifidobacterium nei neonati allattati al seno.
Un’altra importantissima categoria di prebiotici sono i fruttani, ovvero i FOS o fruttoligosaccaridi a catena corta (o oligofruttosio) e l’inulina a catena lunga (polimero del beta-D-fruttosio), di cui sono ricche tanto la frutta quanto la verdura.
Abbiamo poi i GOS o galattoligosaccaridi, suddivisi in due tipologie, entrambe composte da residui di galattosio, noti come alfa-GOS (melibioso) e beta-GOS (raffinosio, stachiosio e verbascosio), di cui sono ricchi latte e latticini, nonché cereali, legumi e Brassicacee.
L’amido, una delle principali fonti glucidiche di nutrimento per i mammiferi, contiene una frazione non digeribile, costituita da una miscela di amilosio e amilopectina con altri polisaccaridi (alfa-glucani) detta amido resistente, che costituisce un altro importante e selettivo prebiotico.
Per concludere, troviamo poi le pectine (unità di acido D-galatturonico legati a arabinani, galattani e arabinogalattani), presenti massicciamente nella frutta e i beta-glucani, che insieme con gli XOS o xilogosaccaridi (unità di xilosio legati ad altri zuccheri), sono tipicamente presenti dei cereali, specie se integrali.
Prebiotici: degradazione enzimatica microbica
La complessità e la diversità delle strutture dei carboidrati dietetici che raggiungono il tratto digerente inferiore implicano una scomposizione batterica in più fasi per utilizzare in modo efficiente queste macromolecole.
Diversi studi hanno evidenziato che il microbiota intestinale è uno degli ecosistemi più specializzati e sofisticati coinvolti nella scomposizione di polisaccaridi complessi; ciò è permesso da un arsenale di geni altamente diversificati codificanti enzimi attivi sui carboidrati (CAZymes), che comprendono dall’1% al 5% delle intere sequenze codificanti dei genomi batterici.
I Bacteroidetes utilizzano un gran numero di diverse strutture di carboidrati e quindi sono spesso noti come “generalisti”, mentre i Firmicutes mostrano meno geni (media 39,6) coinvolti nell’idrolisi dei polisaccaridi rispetto a Bacteroidetes spp. (media 137,1) e per questo Firmicutes sono noti come “specialisti”.
I membri dei Bacteroidetes agiscono come degradatori primari di polisaccaridi, rendendo i nutrienti disponibili non solo per i propri processi metabolici, ma anche per alimentare in modo incrociato i membri del microbiota intestinale meno ricco di enzimi idrolitici.
Metaboliti derivanti dalla digestione dei prebiotici
I prodotti derivati dalla fermentazione batterica dei carboidrati alimentari sono principalmente SCFA, acidi grassi a catena corta, principalmente acetato, propionato e butirrato.