Quali soluzioni nei pazienti con ipercolesterolemia ma non in nota per le statine?
Nel Position Paper intrasocietario Nutraceuticals and functional foods for the control of plasma cholesterol levels. An intersociety position paper si cerca di fornire al clinico una adeguata descrizione di tutte le strategie d’intervento disponibili, dall’alimentazione all’uso dei nutraceutici, per attuare un corretto piano di prevenzione. Nel documento si sottolinea l’importanza di consigliare prodotti con clinica documentata e che garantiscano materie prime di qualità.
Il coinvolgimento diretto dell’ipercolesterolemia nell’aterogenesi e negli eventi clinici che ne conseguono è confermato da evidenze solide. Ogni intervento mirato alla riduzione della colesterolemia LDL, qualunque sia il valore basale della stessa, se sufficientemente prolungato nel tempo, indurrà una riduzione del rischio cardiovascolare, purché l’intervento stesso non comporti effetti collaterali o inattesi di altra natura.
Si può intervenire preventivamente nel controllo dell’ipercolesterolemia?
Gli studi recenti hanno meglio definito il ruolo degli interventi di tipo dietetico nel ridurre i livelli plasmatici del colesterolo LDL. L’adozione di una corretta alimentazione ha un impatto limitato sulla colesterolemia totale e LDL; numerosi studi dimostrano che la riduzione percentuale di LDL è relativa a pochi punti (1,5-5%), considerando anche che la “dieta” non gode di un’adeguata compliance nel lungo periodo. Se l’alimentazione non gioca un ruolo cruciale nella riduzione dei parametri lipidici, risulta invece fondamentale per gli altri effetti protettivi, che rendono di grande importanza l’adozione di una corretta alimentazione: un apporto adeguato di fibra e di sostanze con attività antiossidanti e antinfiammatoria contribuiscono in maniera più ampia alla riduzione del rischio cardiovascolare. Del tutto analogo è il discorso relativo al ruolo protettivo legato ad uno stile di vita attivo e in particolare il praticare una regolare attività fisica per almeno 150 minuti la settimana.
Se però la colesterolemia supera anche del 10% i valori soglia, l’alimentazione e l’attività fisica non sono più sufficienti e quindi devono essere affiancati da un intervento tramite l’ausilio di integratori alimentari sicuri e di comprovata efficacia. È importante, infatti, che i medici contribuiscano ad orientare i pazienti verso il consumo di questi preparati sulla base delle più solide evidenze scientifiche.
Quali integratori preferire per il controllo dell’ipercolesterolemia?
Nel paziente con ipercolesterolemia lieve moderata che:
- non rientra in nota per il trattamento farmacologico;
- pur avendo l’esigenza di un trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante, per scelta personale non vuole assumere un farmaco etico,
il medico deve sapersi orientare nella migliore scelta di principi attivi con studi clinici documentati e sicuri per l’uomo. Tra tutti quelli analizzati, berberina e monacolina K (da riso rosso fermentato) risultano le sostanze con maggiore attività nel ridurre la colesterolemia LDL.
La monacolina K è una sostanza indistinguibile chimicamente dalla lovastatina con attività sull’HMG-CoA reduttasi, quindi da non associare in soggetti già in trattamento con statine. Importante segnalare che l’EFSA ha approvato il claim di “ipocolesterolemizzante” solo ai preparati contenenti 10 mg di monacolina K. La percezione diffusa da parte dei pazienti di una “maggiore tollerabilità” dei nutraceutici rispetto ai farmaci, si traduce anche in una maggiore aderenza alla terapia. Il clinico però deve preferire prodotti realizzati da aziende che garantiscano la purezza del principio attivo (assenza di contaminazioni), un’adeguata concentrazione titolata esclusivamente in monacolina K e una documentata efficacia clinica.
Altra sostanza di estremo interesse è la berberina per una concentrazione di almeno 500 mg die. Questa sostanza, il cui meccanismo d’azione si concretizza in una up-regolazione dei recettori LDL (differente dalla monacolina K), porta ad una riduzione dei livelli di colesterolemia LDL; inoltre è in grado di modulare il PCSK9, enzima che viene iper-espresso nei soggetti che assumono statine e seppur con minore intensità, anche in quelli in terapia con monacolina K. La berberina può essere associata alla monacolina K (o alle statine) per potenziarne gli effetti ed avere una riduzione della colesterolemia LDL maggiore. L’unico limite di questo principio attivo è il suo assorbimento, che nell’uomo è estremamente ridotto. Anche in questo caso, il medico dovrà preferire prodotti che ne garantiscano un’adeguata biodisponibilità e un’efficacia documentata.
Nei soggetti con esigenza di un trattamento farmacologico ipocolesterolemizzante che non intendano, per scelta personale, assumere farmaci etici e per i soggetti con ipercolesterolemia lieve-moderata ma a basso rischio che non rientrano nell’indicazione per l’uso dei farmaci, l’utilizzo di nutraceutici a base di berberina ad alta biodisponibilità e di monacolina K purificata, può rappresentare un’adeguata strategia d’intervento preventivo del rischio cardiovascolare.