Il ruolo dei nutraceutici nel paziente intollerante alle statine
Nel Position paper inter-societario “Nutraceutici, integratori e alimenti funzionali nel controllo della colesterolemia – Una guida per il medico”, a firma dei presidenti delle più importanti Società italiane di cardiologia, diabetologia, endocrinologia, nutrizione, ginecologia e ostetricia, menopausa e medicina generale, viene suggerito al clinico di cambiare il suo approccio classico utilizzato finora nelle strategie di prevenzione cardiovascolare. Il medico dovrebbe abbandonare l’idea di interventi singoli, dove ad ogni fallimento si passa allo step successivo, e passare all’approccio ragionato alla prevenzione cardiovascolare secondo cui, fin da subito, si dovrebbe associare al cambiamento nello stile di vita l’uso di nutraceutici e di farmaci per il controllo ottimale dei parametri lipidici, cercando un’interazione tra questi ultimi.
La dieta e l’attività fisica svolgono importanti effetti di protezione cardiovascolare, ma il loro effetto sulla colesterolemia LDL è in genere limitato. L’uso di integratori e farmaci ipocolesterolemizzanti è di fondamentale importanza e questi potranno essere integrati tra loro per raggiungere un effetto sinergico.
Per realizzare al meglio questa integrazione, il clinico deve tener presente due aspetti:
- le attività di riduzione dell’LDL e del colesterolo totale proprie di ogni molecola vegetale nutraceutica;
- la possibile interazione tra i vari nutraceutici e i farmaci ipocolesterolemizzanti utilizzati.
Quale nutraceutico preferire nel trattare la ipercolesterolemia?
Tra tutti i nutraceutici analizzati e i vari dosaggi utilizzati in Italia, spiccano la berberina e la monacolina K. Queste due molecole hanno mostrato la maggior attività nel ridurre LDL e colesterolo totale.
I prodotti a base di riso rosso fermentato contengono monacolina K, molecola naturale chimicamente indistinguibile dalla lovastatina, che ne giustifica l’efficacia ma anche i possibili effetti collaterali. Così come le statine, la monacolina K, alla dose di 10 mg/die, è in grado di inibire l’enzima HMG-CoA reduttasi. Un suo grosso limite è il grado di purezza degli estratti che la contengono: nel riso rosso fermentato, oltre la monacolina K, si ritrovano infatti altre monacoline (J, L, X e M) meno attive che ne possono diluire l’effetto. Risulta fondamentale quindi individuare un prodotto a base di monacolina K estremamente purificata per avere una standardizzazione dell’effetto che sia replicabile nel tempo.
La berberina, a differenza della monacolina K, riduce l’ipercolesterolemia attraverso meccanismi d’azione multipli. Da un lato, la berberina modula i livelli di PCSK9, proteina prodotta dal fegato che, legandosi ai recettori LDL, ne induce la distruzione; dall’altro lato, stabilizza l’mRNA che codifica per i recettori LDL. La combinazione di questi due meccanismi up-regola i recettori LDL sull’epatocita riducendo i livelli plasmatici di colesterolo. La berberina, inoltre, risulta molto interessante anche per la sua capacità di ridurre i parametri glucidici alterati come la glicemia a digiuno e postprandiale e il valore dell’emoglobina glicata.
La sua duplice azione la rende un ottimo rimedio, al dosaggio di 500-1000 mg/die, non solo nell’ipercolesterolemia, ma anche nella riduzione dell’alterazione dei parametri tipici della sindrome metabolica. Anche la berberina presenta dei limiti: la molecola, infatti, risulta poco assorbita a livello intestinale e dunque si dovrebbero preferire prodotti realizzati in modo da aumentarne la biodisponibilità e garantirne l’adeguatezza degli effetti.
È possibile realizzare una combinazione tra nutraceutici e farmaci?
Alcune molecole vegetali, considerando i loro meccanismi d’azione, possono essere combinate sinergicamente sia tra loro che con i farmaci ipocolesterolemizzanti.
La combinazione tra berberina e monacolina K, spesso presente negli integratori, consente da un lato di inibire la sintesi di colesterolo per azione sull’enzima HMG-CoA reduttasi e dall’altro di modulare l’espressione del PCSK9 che si verifica con l’uso di molecole simil-statiniche.
Analogamente, la berberina da sola potrebbe essere combinata alle statine di sintesi per rafforzare i loro effetti, garantendo così una maggiore efficacia in quei soggetti con livelli LDL particolarmente elevati ai quali non è possibile aumentare i dosaggi del farmaco per via degli effetti collaterali oppure che non raggiungono il target previsto con la sola terapia farmacologica.
Tra tutte, la berberina è la molecola che potenzialmente si può affiancare a qualsiasi farmaco sia ipocolesterolemizzante che ipoglicemizzante. È opportuno rilevare che non tutte le combinazioni sono vantaggiose: la monacolina K, avendo un meccanismo statino-simile, non può essere combinata con le statine, perché ne ridurrebbe l’efficacia per competizione.