Il ruolo dei nutraceutici nel paziente intollerante alle statine

L’intolleranza alle statine è l’incapacità di tollerare quella dose di statine necessaria a ridurre sufficientemente il rischio cardio vascolare (CV) di una persona rispetto al rischio di base e potrebbe derivare da diversi effetti collaterali correlati alle statine tra cui: sintomi muscolari, cefalea, disturbi del sonno, dispepsia, nausea, eruzione cutanea, alopecia, disfunzione erettile, ginecomastia e artrite. La prevalenza dell’intolleranza alle statine è oggetto di notevoli discussioni. Sembra che questo fenomeno possa verificarsi nel 10-15% dei pazienti, con percentuali più alte nei soggetti che praticano attività sportiva moderata-intensa.

Quali soluzioni per il paziente intollerante alle statine?

Da un punto di vista farmacologico, il Sistema Sanitario prevede la rimborsabilità in classe A dell’Ezetimibe per i pazienti intolleranti alle statine. Purtroppo, non sempre la sostituzione con questo farmaco porta a target il paziente.

Un panel di esperti lipidologi ha pubblicato di recente un articolo, Statin intolerance – an attempt at a unified definition. Position paper from an International Lipid Expert Panel, chiarendo il significato di “intolleranza alle statine” in modo da averne una definizione univoca così da offrire al clinico la possibilità di poter affrontare in maniera alternativa i pazienti con ipercolesterolemia intolleranti le statine.

Nel Position paper inter-societario “Nutraceutici, integratori e alimenti funzionali nel controllo della colesterolemia – Una guida per il medico”, a firma dei presidenti delle più importanti Società italiane di cardiologia, diabetologia, endocrinologia, medici di medicina generale e nutrizione, si consiglia di intervenire con il nutraceutico in supporto alla terapia farmacologica classica nei pazienti che non tollerano il trattamento con le statine.

In casi selezionati, si consiglia al medico di combinare un trattamento farmacologico con integratori che però non contengano monacolina K. La scelta del principio attivo o della combinazione da impiegare come nutraceutico deve tenere conto degli effetti sulla colesterolemia LDL calcolati su meta-analisi.

Tra tutte le sostanze, non a base di monacolina K, la più attiva risultava essere la berberina ad un dosaggio di 500 – 1500mg die. Inoltre, considerando il suo meccanismo non statino simile, è tra le sostanze che possono essere associate a tutte le terapie ipocolesterolemizzanti classiche. Tuttavia, la berberina ha una scarsissima biodisponibilità: il clinico dovrebbe selezionare nutraceutici a base di berberina di elevata qualità e in combinazione con principi attivi che ne aumentino l’assorbimento, garantendo al clinico un prodotto affidabile ed efficace.

berberol