Silibina: i benefici epatici ed intestinali nella NAFLD
La steatosi epatica non alcolica (NAFLD), caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso a livello epatico, se non adeguatamente trattata, può progredire a fibrosi e cirrosi epatica.
Nonostante la severità della patologia, solo un farmaco è stato approvato dell’agenzia del farmaco americana per il trattamento della stessa; inoltre, tale terapia farmacologica risulta ancora carente in termini di sicurezza a lungo termine.
Per questo motivo, l’impiego di nuovi approcci terapeutici efficaci e sicuri è auspicabile.
Il recente studio Silibinin targeting Heat Shock Protein 90 represents a novel approach to alleviate nonalcoholic fatty liver disease by simultaneously lowering hepatic lipotoxicity and enhancing gut barrier function, indaga i meccanismi molecolari attuati dalla silibina a livello epatico ed intestinale, al fine di contrastare la progressione della NAFLD, e i conseguenti benefici sui parametri biochimici epatici, sulla composizione del microbiota intestinale e sulla permeabilità intestinale.
Azione a livello epatico della Silibina nella NAFLD
La quota assorbita della silibina agisce a livello epatico inibendo il pathway Hsp90/PPARɣ responsabile della progressione della NAFLD.
Nella steatosi epatica non alcolica il recettore PPARɣ, che stimola i processi di lipogenesi e accumulo di trigliceridi epatici, risulta iper-espresso. A sua volta, la Hsp90 (heat shock protein 90) è una proteina coinvolta nell’attivazione di questo recettore.
Lo studio evidenzia, attraverso studi in vitro e in vivo in modello murino, come la silibina sia un potente inibitore dell’Hsp90 e, di conseguenza, del rettore PPARɣ.
Questo meccanismo permette alla silibina di migliora tutti i marcatori biochimici relativi a danni epatici.
Lo studio infatti evidenzia, nei topi sottoposti ad HFD (high-fat diet) per indurre NAFLD, e trattati con silibina, una significativa riduzione dei livelli sierici di ALT, AST, LDL e TG rispetto ai topi controllo sottoposti esclusivamente a HFD.
Azione a livello intestinale della Silibina nella NAFLD
La quota non assorbita della silibina agisce a livello intestinale inibendo la formazione del complesso Hsp90-NLRP3 responsabile dell’attivazione della cascata infiammatoria intestinale.
La silibina, inoltre, ripristina la disbiosi tipica di questi pazienti che può ulteriormente stimolare l’attivazione dell’inflammosoma dando adito ad un circolo vizioso che perpetua i processi infiammatori determinando la progressione della patologia epatica.
Lo studio condotto in vivo su topi a cui è stata indotta una steatosi epatica non alcolica, confermano come questi presentino, rispetto ai controlli sani una significativa riduzione dell’α biodiversità, una carenza di bifidobatteri e un aumento di Firmicutes e Bacteroides.
Il trattamento della silibina determina un importante incremento dell’α-biodiversità e dei bifidobatteri anti-infiammatori; contemporaneamente, riduce i Bacteroides coinvolti nella regolazione del metabolismo lipidico e nei processi di insulino-resistenza.