Berberina: tra biodisponibilità e sicurezza
La berberina è un alcaloide contenuto in diverse specie vegetali che ha dimostrato avere effetti benefici sulla salute umana.
La berberina ha infatti dimostrato, in numerose pubblicazioni scientifiche, le proprietà ipolipemizzanti, ipoglicemizzanti, antinfiammatorie e antiossidanti.
Di recente l’EFSA ha pubblicato un invito ad approfondire e presentare nuovi dati su farmacocinetica e farmacodinamica della berberina in modo tale da confermare il profilo di sicurezza del suo impiego in ambito nutraceutico.
Un recente studio italiano, Comprehensive Analysis of Berberis aristata DC. Bark Extracts: In Vitro and In Silico Evaluation of Bioaccessibility and Safety, ha, in questo contesto, raccolto nuovi dati su alcuni estratti secchi di B. aristata commercializzati in Italia valutando: il profilo fitochimico, le proprietà farmacocinetiche, la citotossicità in diverse linee cellulari umane, l’interazione con i citocromi CYP450 e gli effetti sulla migrazione delle cellule tumorali.
Tutte le evidenze sulla sicurezza della berberina
I risultati hanno mostrato che la qualità dei principali estratti di B. aristata commercializzati in Italia è assolutamente affidabile. In tutti gli estratti analizzati, infatti, la berberina ha dimostrato essere il principale componente e di rispettare il quantitativo dichiarato (p/p) corrispondente all’85% o al 97% dell’estratto secco.
Lo studio di sicurezza condotto su tali estratti di berberina ha anche valutato la loro citotossicità, a diverse concentrazioni e tempistiche, grazie all’impiego di modelli cellulari intestinali, epatici, gastrici e renali.
I risultati non hanno evidenziato differenze significative per quanto riguarda la vitalità cellulare. Questi dati costituiscono un’importante testimonianza circa la sicurezza della berberina contenuta nei principali estratti commercializzati sul mercato italiano.
Inoltre, lo studio ha valutato anche l’ipotesi di interazione della berberina con alcuni farmaci metabolizzati dalla famiglia degli enzimi epatici del CYP450.
I risultati in vitro hanno evidenziato che, in presenza di CYP450, l’aggiunta della berberina ad alcuni farmaci metabolizzati da questi citocromi (fenacetina, destrometorfano, triazolam), non impatta in modo significativo sulla vitalità cellulare. Infine, lo studio testimonia un’attività antitumorale degli estratti di berberina (sia all’ 85% che al 95%) che, non solo riducono la migrazione delle cellule tumorali, ma, grazie all’attività antiossidante, contrastano lo stress ossidativo che può portare a mutazioni neoplastiche e down-regolano l’espressione di alcuni geni coinvolti nella proliferazione delle cellule tumorali.
Il limite della scarsa biodisponibilità e il ruolo del Silybum marianum
Per quanto riguarda il profilo di farmacocinetica, lo studio osserva che la berberina è adeguatamente idrosolubile nei fluidi gastrointestinali e non è soggetta all’azione degli enzimi digestivi.
Una volta giunta a livello intestinale, la berberina viene facilmente assorbita dall’epitelio intestinale ma, altrettanto rapidamente, viene ri-estrusa nel lume poiché substrato della glicoproteina-P. Questo meccanismo determina la scarsa biodisponibilità orale della berberina, pari circa a 1%.
La biodisponibilità può quindi essere incrementata, come suggerito da alcune pubblicazioni scientifiche (Herbal modulation of P-glycoprotein), con l’impiego di un bio-enchancer, quale il Silybum marianum, che funge da inibitore della glicoproteina-P limitando la ri-estrusione nel lume intestinale.
In questo modo viene aumentata la biodisponibilità della berberina e, di conseguenza, anche i benefici clinici derivanti dall’assunzione della combinazione degli estratti di Barberis aristata e Silybum marianum.