Quali sono le conseguenze della resistenza all’insulina per le pazienti in ginecologia?
Nell’articolo pubblicato sull’American Journal of Cancer Research nel 2016, Association of insulin resistance with breast, ovarian, endometrial and cervical cancers in non-diabetic women, i ricercatori concludono che la prevalenza di carcinoma mammario, carcinoma ovarico ed endometriale, sia in pre- che post-menopausa, è maggiore nelle donne con insulino-resistenza rispetto alle donne che non mostrano questa caratteristica. In ambito ginecologico risulta importante conoscere la storia metabolica della paziente in modo da poter effettuare una prevenzione mirata.
Precedenti studi avevano dimostrato che le donne diabetiche hanno un maggiore rischio di sviluppare tumori femminili; l’insulino-resistenza, e il livello elevato di insulina nel sangue che ne consegue, potrebbero stimolare la proliferazione cellulare e inibire l’apoptosi, contribuendo così alla promozione del tumore e alle metastasi. Inoltre, nelle donne, la condizione di insulino-resistenza genera a sua volta, mediante diversi meccanismi di autoregolazione, una sovrapproduzione di ormoni sessuali come gli estrogeni che contribuirebbe alla neoformazione e al mantenimento di tumori ormono-sensibili quali quello della mammella e dell’endometrio. Nell’analisi effettuata si è dimostrato che non è necessario sviluppare patologie metaboliche come il diabete mellito per aumentare questo rischio, ma basta avere una insulino-resistenza anche non patologica per innescare questi pathway. Nelle donne, l’obesità, il sovrappeso e lo stile di vita sedentario aumentano il rischio di sviluppare insulino-resistenza: conoscere questi meccanismi può aprire la strada per una corretta prevenzione dei fattori di rischio per i tumori femminili.
Quali terapie possono essere effettuate nelle donne con resistenza
Tra i farmaci più utilizzati nel ridurre la resistenza all’insulina utilizzati per trattare il paziente diabetico troviamo la metformina. Questa molecola è utilizzata nel diabete mellito di tipo 2 e contribuisce a migliorare la sensibilità all’insulina aumentando la capacità di trasporto del glucosio nei tessuti, riducendo la glicemia.
Nell’articolo The association between metformin therapy and risk of gynecological cancer in patients: Two meta-analyses i ricercatori hanno analizzato numerosi studi che coinvolgevano oltre 1 milione e 700 mila donne diabetiche, dimostrando che l’uso di questo farmaco riduceva in maniera significativa l’insorgenza dei tumori femminili. La metformina potrebbe quindi essere un farmaco di supporto nella prevenzione dei tumori ginecologici nelle donne con patologie metaboliche; tuttavia, i ricercatori concludono affermando che non è chiaro se valga la pena somministrare questo farmaco ai soggetti non diabetici per prevenire il cancro ginecologico. Ciò dipende dal fatto che le donne “sane” anche se mostrano insulino-resistenza lieve-moderata, non vogliono assumere un farmaco per il trattamento del diabete; inoltre, c’è il limite relativo ai potenziali effetti collaterali e il fatto che questo farmaco non è utilizzato di routine dal ginecologo, non rientrando nel suo prontuario terapeutico. Si crea così la necessità di trovare una molecola efficace e soprattutto sicura nel controllo della resistenza all’insulina, che risulti più maneggevole nella gestione del rischio su queste donne.
Quali alternative alla metformina?
La berberina, in diversi studi, ha dimostrato un’attività significativa sul quadro glucidico ma anche in quello lipidico, risultando una molecola di estremo interesse nel ridurre i parametri metabolici.
Il suo meccanismo d’azione è simile a quello della metformina, riducendo la resistenza all’insulina per aumento dei suoi recettori, aumento dei trasportatori del glucosio e attivazione dell’AMPK nel tessuto epatico, adiposo e muscolare.
Inoltre, aumenta l’espressione dei recettori per le LDL, contribuendo anche a ridurre i parametri lipidici.
Recenti meta-analisi hanno dimostrato un’attività significativa nel ridurre tutti i parametri glucidici come la glicemia post-prandiale, la glicemia a digiuno e l’indice di insulino-resistenza, risultando in questo modo una molecola efficace e sicura nei pazienti con alterazione di questi valori.
L’unico problema relativo alla berberina è la sua scarsa biodisponibilità che viene superata con l’aggiunta di sostanze come la silimarina che ne aumentano di 10 volte l’assorbimento. La berberina potrebbe essere un valido supporto per il management della donna obesa o in sovrappeso, che mostra insulino resistenza e che dovrebbe fare prevenzione per l’incidenza di tumori ginecologici come il cancro al seno, all’ovaio e all’endometrio.