Può il microbiota vaginale detenere un potenziale uropatogenico?

Si tende spesso a trascurare l’importanza dell’eventuale presenza di batteri vaginali riscontrati nelle urine, semplicemente perché i loro effetti non sono ancora compresi appieno.
Sebbene Escherichia coli sia senza dubbio la causa dominante di UTI nelle donne giovani e sessualmente attive, è chiaro come le UTI, e le loro ricorrenze, possano derivare da un ampio ventaglio eziologico.
Alcuni studi clinici di rilievo hanno testimoniato come gli stessi batteri vaginali possano causare UTI, eventualmente anche agendo come “patogeni nascosti” facilitanti la patogenesi di microrganismi nocivi.
La review Roles of the vagina and the vaginal microbiota in urinary tract infection: evidence from clinical correlations and experimental models riflette sull’impatto del microbiota vaginale nella suscettibilità alle infezioni delle vie urinarie ricorrenti (rUTI).

Ipotesi degli autori

Un microbiota vaginale più diversificato, impoverito o privo di Lactobacillus spp. ma carico di anaerobi Gram-neg, Actinobacteria e altri Firmicutes è caratteristico di una situazione di disbiosi.

Questi tratti sono comuni alla presenza di vaginosi batterica (VB), che predispone ad un rischio maggiore di sperimentare outcomes negativi, inclusi un incremento della probabilità di sviluppare varie infezioni secondarie ed esiti gravidici avversi.

Infatti, le infezioni delle vie urinarie causate o incoraggiate da batteri vaginali rappresentano eziologie significative; a tal proposito, gli autori elencano tre ipotesi riguardanti la relazione dell’ambiente vaginale con la predisposizione alle rUTI:

  1. il microbiota vaginale funge da reservoir di coli uropatogeno (UPEC) e di altre specie uropatogene (Staphylococcus, Streptococcus agalactiae);
  2. alcune specie batteriche vaginali, come Gardnerella vaginalis, Aerococcus, Ureaplasma, non comunemente identificate come uropatogene perché sottovalutate nei loro potenziali meccanismi d’azione, sono fattori di rischio predisponenti alle rUTI;
  3. alcuni batteri vaginali non considerati uropatogeni possono transitare brevemente nel tratto urinario e ivi causare danni all’urotelio o perturbazioni immunologiche (“patogeni nascosti”), incoraggiando così la virulenza da parte degli uropatogeni.

Come improntare le ricerche future?

I meccanismi multipli attraverso i quali i batteri di provenienza vaginale possono avere un impatto sull’incidenza o sulla patogenesi delle infezioni delle vie urinarie non dovrebbero esser trascurati.

Pertanto, interventi volti sia ad eliminare il serbatoio di uropatogeni sia a trattare le affezioni vaginali associate (quale la VB), dovrebbero essere considerati come mezzo speculare per migliorare gli esiti delle UTI e in particolare delle rUTI, per le quali il trattamento cronico con terapie antibiotiche è, ad oggi, l’unica opzione. Come confermato dai risultati di vari trials in vivo e clinici, gli interventi volti ad aumentare la colonizzazione vaginale di lattobacilli e a ristabilire una condizione di eubiosi del microbiota vaginale hanno effetti promettenti anche nella protezione dalle rUTI.