I probiotici e i loro metaboliti possono migliorare l’IBD?
Il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa sono le due principali manifestazioni della malattia infiammatoria intestinale cronica (IBD). La causa precisa di tali patologie è sconosciuta e per questo le terapie risolutive sono ancora in fase di studio. I dati più recenti attribuiscono all’eziologia delle IBD una combinazione di fattori tra quelli genetici, immunitari e una ridotta biodiversità del microbiota intestinale.
La disbiosi del microbiota intestinale, infatti, aumenta la permeabilità destabilizzando le giunzioni serrate e riducendo l’effetto barriera, favorendo in questo modo l’ingresso di peptidi pro-infiammatori e accentuando lo stato patologico della malattia. Nella review Probiotics and Their Metabolites Ameliorate Inflammatory Bowel Disease: A Critical Review i ricercatori hanno chiarito il ruolo dei probiotici e dei loro metaboliti nelle IBD, fornendo le basi per un approccio diverso alla malattia sia in prevenzione che come mantenimento della fase remissiva.
Quali sono le caratteristiche del microbiota intestinale nel soggetto IBD?
Nei pazienti con IBD si osserva sempre una disbiosi intestinale con riduzione delle specie eubiotiche e aumento dei batteri potenzialmente patogeni. Questo fenomeno ha come conseguenza il calo dei metaboliti che favoriscono la barriera intestinale come gli acidi grassi a corta catena (SCFA) e la riduzione dello strato di muco; così facendo si genera un circolo vizioso che porta all’aumento di citochine pro-infiammatorie.
La maggiore interazione tra i peptidi dei batteri patogeni e alcuni recettori posti nel lume intestinale scatena la produzione di TNF-α e interleuchine che a loro volta agiscono sul sistema immunitario fornendo le basi per l’innesco e le esacerbazioni della patologia nel soggetto con IBD. Tra gli agenti patogeni maggiormente riscontrati nel paziente con IBD troviamo Escherichia coli e Helicobacter pylori. Gli studi hanno quasi sempre dimostrato un aumento dei batteri Gram-negativi con conseguente riduzione di specie eubiotiche.
Quale ruolo possono avere i probiotici nell’IBD?
Diversi studi hanno dimostrato che l’uso di specifici ceppi probiotici, se somministrati in adeguate quantità e per un tempo che ne garantisca la colonizzazione, possono avere un effetto positivo sull’ospite. Tra i ceppi più utilizzati troviamo Lattobacilli e bifidobatteri; in particolare i bifidobatteri hanno dimostrato un’importante attività antinfiammatoria modulando NF-kB e le citochine pro-infiammatorie, utile in caso di IBD.
Alcuni ceppi probiotici sono in grado di aumentare la produzione di mucina in maniera indiretta favorendo la crescita di batteri produttori di muco come Akkermansia muciniphila o produttori di butirrato quale Faecalibacterium prausnitzii; contemporaneamente sarebbe utile ridurre le concentrazioni di batteri potenzialmente patogeni che possono accentuare l’infiammazione intestinale.
Sebbene le prove dirette sull’uso di probiotici nell’IBD siano ancora insufficienti, il loro uso potrebbe essere un valido ausilio nella prevenzione e nel mantenimento delle fasi non attive della malattia.