Danno epatico acuto: svelati nuovi meccanismi epatoprotettivi della silibina Fitosoma®
Il danno epatico acuto (ALI) è causato da insulti acuti come virus, alcol e farmaci nel contesto di una normale funzionalità epatica.
La forma più grave di ALI, vale a dire l’insufficienza epatica acuta (ALF), è considerata una sindrome pericolosa per la vita, accompagnata da una rapida distruzione della funzionalità epatica e da un’elevata mortalità (quasi l’80%).
Il recente studio The novel hepatoprotective mechanisms of silibinin-phospholipid complex against d-GalN/LPS-induced acute liver injury ha lo scopo di fornire nuove prove solide per incentivare l’applicazione clinica del complesso silibina-fosfolipide (SPC), a consolidato effetto epatoprotettivo e antiossidante, nel trattamento del danno epatico acuto e per scongiurare la progressione.
Disegno dello studio
La silibina (componente attiva di Silybum marianum) ha scarse solubilità e biodisponibilità, che ne limitano notevolmente l’utilizzo nella pratica clinica.
Per questo motivo, è stata sviluppata la silibina-fosfolipide, in cui un fosfolipide funge da carrier per la silibina, permettendo un incremento fino a cinque volte della sua biodisponibilità, mantenendo sempre una buona tolleranza.
Per meglio comprendere il meccanismo epatoprotettivo di SPC, all’inizio della fase sperimentale dello studio clinico i roditori sono stati differenziati in gruppo trattato, a cui è stata somministrata per via intragastrica SPC 24h prima e 2h dopo l’insulto acuto e gruppo controllo, a cui è stato somministrato il placebo invece che SPC con le stesse tempistiche.
L’insulto acuto consisteva nella stimolazione per via intraperitoneale con d-GalN (D-galattosamina) +LPS (lipopolisaccaride). I sieri e i tessuti epatici sono stati raccolti 6h dopo il test acuto per l’analisi.
Risultati clinici tramite valutazione del danno epatico
I dati ottenuti dai ricercatori portano nuove informazioni sul meccanismo epatoprotettivo della silibina-fosfolipide, dimostrando come la sua somministrazione sia in grado di alleviare il danno epatico acuto indotto da d-GalN/LPS attraverso l’aumento dell’espressione di miR-223-3p, un importante regolatore della polarizzazione dei macrofagi.
Infatti, nel modello murino gravemente malato e trattato con SPC, miR-223-3p ha promosso l’attivazione dei macrofagi di tipo M2 e l’inibizione mirata delle molecole che possono innescare necroptosi e necroinfiammazione negli epatociti e nei macrofagi.
Inoltre, nei topi trattati con SPC, rispetto ai non trattati, i livelli sierici di ALT e AST erano notevolmente ridotti e il danno epatico, valutato mediante analisi istopatologica, era notevolmente migliorato.