Low-FODMAP Diet: efficacia, problemi e possibili soluzioni

I disturbi funzionali intestinali, noti anche come disturbi dell’interazione intestino-cervello (DGBI), sono caratterizzati da sintomi come dolore addominale, gonfiore, distensione e/o anomalie delle abitudini intestinali e sono un problema per oltre il 40% della popolazione italiana.

La dieta low-FODMAP (LFD) è una dieta terapeutica ideata proprio per questi disturbi, che includono l’IBS, gonfiore funzionale e diarrea funzionale e che spesso compromettono la qualità della vita correlata alla salute dei pazienti.

La review Diet as a therapeutic tool in chronic gastrointestinal disorders: lessons from the FODMAP journey, ne discute l’efficacia e gli eventuali problemi.

Efficacia e Meccanismi d’azione

La LFD è risultata in numerosi studi la dieta più efficace per la riduzione dell’intensità del dolore addominale e della distensione, la diminuzione del gonfiore addominale e la regolarizzazione dell’alvo intestinale, migliorando sensibilmente la qualità di vita del paziente.

I FODMAP, pur non essendo la causa dei DGBI, possono contribuire ad innescarli e inasprirli attraverso diversi meccanismi come l’alterazione della fermentazione batterica microbiota intestinale, l’induzione di distinti effetti di carico osmotico nell’intestino tenue e nel colon e la produzione di gas nel tratto gastrointestinale.

La loro riduzione, quindi, facilita la digestione e riduce i fattori di disturbo per un intestino già affetto da ipersensibilità viscerale.

Punti critici e Possibili soluzioni

  1. La LFD è una dieta complessa, costituita da diverse fasi, in cui l’aderenza del paziente è fondamentale. Inoltre, i DGBI sono per loro natura cronici e fortemente influenzati dallo stato mentale di un individuo, pertanto la dieta da sola potrebbe non essere sufficiente.
  2. Non sempre è facile identificare le alternative a basso contenuto di FODMAP per mantenere una nutrizione adeguata. La Monash University (Australia), ideatrice della dieta, ha pubblicato negli anni vari studi sul contenuto in FODMAP dei vari alimenti e la definizione di valori cutoff per poterli classificare, ma resta comunque il problema delle differenze culturali e regionali che andrebbero adeguatamente valutate.
  3. Sono pochi gli studi clinici che valutano gli effetti nel lungo periodo, dopo la fase di personalizzazione della dieta. Al momento sembrano comunque indicare un mantenimento degli effetti positivi, ma la numerica è ancora troppo bassa per essere davvero conclusiva.
  4. Causa, a livello di microbiota intestinale, una forte riduzione dei Bifidobacteria, importanti per il mantenimento della salute della parete del colon e della sua funzione barriera. Sarebbe quindi opportuno prendere in considerazione l’aggiunta di un probiotico adeguato, soprattutto nelle fasi più restrittive della dieta.
  5. La fase iniziale di restrizione e la lenta reintroduzione dose-dipendente dei diversi alimenti possono risultare complicati per il paziente da seguire e anche la fase finale, personalizzata e meno restrittiva da portare avanti nel lungo periodo, può creare difficoltà in caso di viaggi o pasti fuori casa. Potrebbe quindi risultare utile fornire al paziente un integratore a base di enzimi capaci di digerire i FODMAP da assumere all’occasione per ridurre i gonfiori e i dolori addominali.
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