Persistenza dell’HPV e microbiota vaginale: l’evidenza di una nuova correlazione

Diversi fattori possono essere associati con lo sviluppo di lesioni cervicali e cancro in seguito a infezione da HPV, e questi includono: fumo, uso di contraccettivi ormonali, ridotta risposta immunitaria e microbiota vaginale disbiotico.

In particolare, un microbiota vaginale povero di lattobacilli, e ricco di Gardnerella, è stato associato alla mancata eliminazione dell’infezione da HPV e alla progressione delle lesioni cervicali.

Diversi studi hanno sottolineato l’importanza del microbiota vaginale nella negativizzazione dell’infezione da HPV; in particolare, la dominanza di L. crispatus ha dimostrato favorire l’eliminazione del virus.

Altri studi hanno anche sottolineato come sia possibile intervenire sul microbiota vaginale per favorirne una trasformazione che avvantaggi l’eliminazione del virus.

Gli scienziati, nel tempo, stanno delineando i meccanismi alla base di queste osservazioni.

Lo studio “Cervicovaginal Gardnerella sialidase-encoding gene in persistent human papillomavirus infection” ha analizzato il microbiota vaginale di donne positive all’HPV, allo scopo di individuare eventuali marker dell’HPV persistente, correlati alla presenza di Gardnerella vaginalis.

Pazienti HPV positive

Inizialmente, nello studio sono state arruolate più di 500 donne positive all’HPV, la maggior parte delle quali positive a sottotipi di HPV ad alto rischio oncogeno.

Le stesse donne sono state richiamate dopo 12 mesi per il follow up. In base al risultato del follow up, 212 donne sono state divise in due gruppi: il gruppo che aveva avuto una completa eliminazione del virus e il gruppo con persistenza dell’infezione.

Le stesse procedure di raccolta campioni sono state eseguite all’arruolamento, e a distanza di 12 mesi, per la determinazione del Nugent score (indice di vaginosi batterica) e della presenza di Gardnerella vaginalis, attraverso il gene nanH3 codificante per le sialidasi. Questo enzima, prodotto da alcuni sottotipi di Gardnerella, è riconosciuto ridurre la protezione della mucosa vaginale; infatti, l’enzima sialidasi è in grado di degradare gli oligosaccaridi della mucina, riducendo la viscosità del muco cervico-vaginale, compromettendo la barriera fisica e biochimica vaginale e favorendo l’adesione dei patogeni.

Un nuovo marker di persistenza dell’HPV?

In tutte le pazienti positive all’HPV ad alto rischio è risultata una maggiore presenza del gene nanH3 codificante per le sialidasi.

Tale risultato è stato particolarmente significativo per i sottotipi più diffusi, come HPV 16. Inoltre, la presenza di vaginosi batterica, rilevata attraverso il Nugent score, ha evidenziato una chiara correlazione tra la vaginosi batterica stessa e l’aumento delle sialidasi.

I risultati di questo studio confermano quello che è già noto da tempo in letteratura, ovvero come le caratteristiche del microbiota vaginale abbiano un ruolo nella mancata eliminazione dell’HPV. Particolarmente utile è individuare quelli che possono essere i marker predittivi della persistenza dell’infezione e agire per capovolgere questa situazione.

Come emerge dallo studio, si conferma il ruolo negativo di Gardnerella, attraverso la descrizione di un meccanismo aggiuntivo e preciso, rappresentato dal ruolo delle sialidasi. 

Considerando questi risultati, allo scopo di favorire la negativizzazione all’HPV, è auspicabile disporre di strumenti per contrastare la dominanza di Gardnerella e creare un microbiota vaginale sano, con un elevata presenza di lattobacilli, e in particolare di L. crispatus, dimostratosi il più protettivo.

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