La berberina: come mai una sostanza così versatile suscita poco interesse?
La berberina (BBR), una piccola molecola estratta dai rizomi di diverse specie di Berberis molto utilizzata nella medicina tradizionale cinese, è tra tutte le sostanze naturali forse la più studiata. Nasce come antidiarroico ma ha dimostrato un’ampia attività nel regolare i meccanismi lipidici (non statino dipendenti) e glucidici.
La berberina ha dimostrato in diversi studi e meta-analisi la sua capacità unica di agire tanto sul quadro lipidico che su quello glucidico.
La review The Anti-Cancer Mechanisms of Berberine: A Review analizza in maniera dettagliata l’attività antitumorale della berberina dimostrando come sia un farmaco ideale per prevenire la malattia e, usato in add-on alle terapie antitumorali convenzionali, capace di sinergizzare l’attività sulle cellule cancerose.
I ricercatori concludono che, per il suo basso costo e per la sua assenza di effetti collaterali, la berberina dovrebbe essere tenuta in considerazione nella pratica clinica come farmaco ideale.
Berberina ed assetto lipidico e glucidico
Per quanto riguarda l’assetto lipidico, l’attività della berberina è legata ad un up-regulation dei recettori LDL e alla modulazione del PCSK9 (Proprotein convertase subtilisin/kexin type 9) enzima che, se over espresso, promuove la degradazione dei recettori LDL. Questa caratteristica, che sfrutta un meccanismo diverso da quello delle statine, rende la berberina un candidato ideale in associazione alle terapie ipocolesterolemizzanti (statine, ezetimibe e fibrati) quando il paziente non è a target.
Per quanto concerne l’aspetto glucidico, la berberina ha un meccanismo d’azione simil metformina, aumenta l’attivazione dell’AMPK ed è capace di aumentare la sensibilità delle cellule del fegato e del muscolo all’insulina, influenzando così l’assorbimento del glucosio e riducendo l’insulino-resistenza.
Quale attività ha la berberina sulle cellule tumorali?
La sua grande versatilità ha reso questa molecola di uso comune nella medicina cinese e questo ha consentito di rilevare anche effetti secondari a lungo termine della berberina. Recentemente, infatti, questa molecola è stata studiata anche come antitumorale, mostrando nello specifico un’attività sul cancro del polmone, del collo dell’utero, del fegato e in alcune leucemie.
I meccanismi d’azione della berberina sulle cellule tumorali sono diversi e spesso complessi: coinvolgono i processi di apoptosi, autofagia cellulare, la sua capacità di inibire l’invasione e la proliferazione di cellule tumorali e di modificare il microambiente tumorale.
La berberina inibisce la proliferazione e regola il ciclo cellulare
Gli studi hanno mostrato che la berberina induce l’arresto in fase G1 delle cellule tumorali attraverso l’inibizione dell’espressione della ciclina, enzima che regola il ciclo cellulare.
Inoltre, è stato dimostrato anche che la berberina aumenti l’espressione del fattore di trascrizione p53 e p21 nelle cellule tumorali. Questi due oncosoppressori spesso si ritrovano inattivati in molti tumori e quindi disporre di una molecola che ne aumenti l’attività facilita il controllo sulle cellule tumorali.
La berberina regola l’apoptosi cellulare
L’apoptosi è un meccanismo di morte cellulare programmata fondamentale per la regolazione cellulare. Tale processo risulta alterato nelle cellule tumorali, favorendo così la diffusione del cancro. La berberina ha mostrato di promuove l’apoptosi aumentando l’espressione della caspasi. L’attivazione di questo fattore è promossa dalla capacità della berberina di entrare nel mitocondrio e attivare AMPK; i mitocondri, infatti, giocano un ruolo fondamentale nel processo dell’apoptosi. Anche in questo processo la spinta della berberina sull’oncosoppressore p53 risulta fondamentale.
La berberina regola l’autofagia cellulare
L’autofagia è una forma di morte cellulare programmata che svolge un ruolo importante nel mantenimento dell’omeostasi cellulare. In alcuni tumori la berberina ha mostrato, tramite la via AMPK, di inibire una protein-chinasi denominata mTOR (mammalian target of rapamycin) che regola la crescita, la proliferazione, la motilità e la sopravvivenza delle cellule. Diversi studi hanno mostrato che la resistenza ai farmaci antitumorali mediata dall’autofagia gioca un ruolo importante nello sviluppo del cancro; per questo mTOR è oggetto di studio come bersaglio dell’azione di specifici immunosoppressori per coadiuvare l’attività dei chemioterapici. Avere una molecola come la berberina con costi bassi e con una buona tollerabilità, potrebbe rappresentare un vantaggio clinico.
La berberina inibisce l’invasione cellulare e le metastasi
In diversi studi su donne con tumore al seno, la berberina ha mostrato di sfavorire la proliferazione cellulare nelle metastasi, inibendo l’espressione di alcune metalloproteasi coinvolte nella penetrazione delle cellule tumorali nei tessuti e nei vasi. Nelle donne con k mammario triple negative, la berberina ha mostrato di inibire la proliferazione cellulare riducendo le citochine pro-infiammatorie. Un risultato simile è stato ottenuto anche su cellule di tumore al colon.
La berberina regola il microambiente tumorale riducendo l’infiammazione
Le cellule tumorali secernono citochine che hanno lo scopo di alterare il microambiente circostante creando una condizione ideale per la proliferazione e la metastasi. La berberina è in grado di agire su diversi fattori che vanno a spegnere l’infiammazione riducendo la produzione delle citochine pro-infiammatorie TNF-α, IL-1 e IL-6. La berberina ha mostrato di aumentare la risposta immunitaria innata stimolando i linfociti citotossici ed NK.
Nonostante queste molteplici attività ampiamente dimostrate, la berberina presenta un grosso limite di biodisponibilità, in quanto questa molecola non ha un assorbimento ottimale. I ricercatori suggeriscono di sviluppare prodotti contenenti berberina migliorandone l’assorbimento, ritenendo questa molecola di grande interesse clinico.