Medicinale Omeopatico di Risonanza
e logica formulativa

Il Medicinale Omeopatico di Risonanza ha la capacità di ristabilire un nuovo EQUILIBRIO morfofunzionale d’organo e cellulare perché, grazie alla peculiare formulazione, si ha la cooperazione fra un’azione chimica, dovuta alle microdosi dei derivati (basse diluizioni), e quella fisica che accentua e rinforza l’obiettivo del riequilibrio. Gli FM e FMS hanno perciò due meccanismi d’azione contemporanei, uno biofisico, legato al fenomeno fisico della risonanza, ed uno biochimico, legato alla presenza molecolare dei principi contenuti nel prodotto.

Ogni Medicinale Omeopatico di Risonanza è generalmente costituito da tre rimedi che sono scelti fra quelli ereditati dall’Omeopatia classica per il tipico tropismo funzionale, in modo che regolarizzino lo stress funzionale e risolvano la sintomatologia acuta e cronica, e sono preparati in anaparte affinchè abbiano tutti la stessa dignità informativa.

I tre rimedi sono derivati minerali, vegetali e animali interi, parti o loro secrezioni.

La mirata associazione dei rimedi ha l’obiettivo di portare nell’organismo un messaggio di riequilibrio unico e preciso a tutte le strutture in risonanza, cioè che esprimono biomessaggi in fase, e solo a quelle.

Ogni derivato, grazie al suo determinato tropismo, svolge perciò un’azione specifica a livello dei tessuti, apparati o organi amplificando, in tal modo, l’azione degli altri.

Un componente è il dominante, rimedio che dà il nome al prodotto e ne definisce il tropismo delle azioni, la direzione, il secondo è complementare al primo, cioè ne completa l’azione in modo da lavorare su tutta l’unità funzionale, ed il terzo è un potenziante, di solito un derivato animale o un veleno, che approfondisce l’informazione al nucleoplasma, perché la sequenza amminoacidica del veleno è molto simile alla sequenza degli amminoacidi delle adesine cellulari (dimostrazioni dalla tossicologia), e amplifica l’azione degli altri due rimedi.

 

Ogni rimedio, grazie al grado della diluizione decimale omeopatica in cui è preparato, ha anche un’azione specifica a livello delle strutture cellulari o dei microrganismi.

Il Dott. Schimmel ha infatti riscontrato una relazione risonanza specifica tra:

  • D6 citoplasma (stimola la IPO- reattività funzionale supportando la cellula)
  • D12 membrana cellulare (modulare la DIS- reattività funzionale supportando l’organo o l’apparato)
  • D30 animali interi, parti e loro secrezioni pori della membrana nucleare (per favorire il passaggio di informazioni e molecole al nucleoplasma.

 

Le diluizioni peculiari che si ritrovano invece negli FMS eziologici esprimono le relazioni di risonanza specifiche per avere una detossificazione che porti all’eliminazione del microrganismo e delle sue tossine dall’ambiente intracellulare.

Perché sono presenti i veleni di serpente?

Il Dott. H. Schimmel, nel formulare i Medicinali Omeopatici di Risonanza, ricorre molto spesso ai veleni di serpente ed, in particolare, a Crotalus horridus, Elaps corallinus (Micrurus corallinus), Lachesis mutus, Naja tripudians (Naja naja) e Vipera berus.

I veleni dei serpenti sono una miscela complessa di enzimi, peptidi, lectine, proteine di basso peso molecolare con specifiche proprietà biochimiche di tipo neurotossico, cardiotossico, citotossico, coagulante e fibrinolitico.

Tali fattori, nelle opportune dosi, possono essere utilizzati, per l’inversione ormesica, per trombosi, patologie infiammatorie come l’artrite, sindromi neurologiche, malattie infettive delle prime vie aeree e altre varie altre condizioni (1).

 

Elaps corallinus, Epalpidae, serpente corallo (2). I sintomi peculiari sono i dolori uterini, le emorragie di sangue scuro, i disturbi gastrointestinali (vomiti biliari e diarrea sierosa) la sensazione di costrizione a gola ed esofago, gli acufeni e le iperestesie. Lateralità – Destra.

 

Naja tripudians, Epalpidae, serpente dagli occhiali (2). Agisce sulla circolazione e, più intensamente degli altri veleni di serpente, sul Sistema Nervoso. Interessa il midollo, dove provoca estrema debolezza, il pneumogastrico ed i tronchi encefalici sottodiaframmatici, il nervo faringeo e i due nervi laringei dove provoca secchezza, bruciore, sensazione di soffocamento. L’azione sul ramo esofageo spiega la sensazione di corpo estraneo tipica della disfagia spasmodica, mentre l’azione sui rami cardiaci spiega i dolori cardiaci intensi che si irradiano alla nuca, alla spalla e al braccio sinistro con palpitazioni. A livello circolatorio Naja provoca emorragie per diminuita coagulabilità, specie uterine, di sangue fluido e scuro.

È molto prezioso nelle malattie infettive gravi, dove il cuore è colpito secondariamente, come la miocardite, rendendolo utile nelle minacce di collasso in corso di uno stato infettivo e nelle malattie cardiache croniche come l’endocardite e l’ipotensione

 

Crotalus horridus, Viperidae, serpente a sonagli (2). L’azione speciale di Crotalus è lo stravaso emorragico delle membrane di rivestimento del cervello e del midollo e la sensazione di costrizione alla gola e all’esofago più intensa degli altri veleni.

Tipici sono le affezioni valvolari, l’emottisi, il catarro nasale cronico con croste, l’otite media suppurata cronica, la tosse irritante, la perdita di sangue scuro, l’emorragia retinica, la porpora, la febbre tifoide, gialla, biliare e remittente, le malattie infettive con edemi, il collasso cardiaco e la tendenza emorragica, l’erisipela, le vertigini, la diarrea, l’ittero, gli spasmi dell’esofago ed i dolori pungenti e acuti. Lateralità – Destra.

 

Lachesis muta, Viperidae (2). Il veleno irrita i centri nervosi interessando i vasomotori, il simpatico e il cervello, principalmente i nuclei del pneumogastrico e dello spinale da cui l’importanza sui sintomi cardiaci, polmonari, faringei e laringei.

Le altre azioni peculiari sono la decomposizione del sangue (Lachesis è uno dei più importanti rimedi cardiaci con sensazione di costrizione, edemi e stravasi) e la distruzione dei tessuti. L’azione sul sistema nervoso è violenta e all’eccitazione segue la depressione mentale e fisica ed il malato accusa i sintomi fin dal mattino perché di notte la congestione aumenta e diminuiscono le eliminazioni. Il miglioramento avviene con le eliminazioni che diminuiranno sia la congestione che l’intossicazione. Lachesis conviene a quattro gruppi di intossicanti: da disturbi endocrini e tossine autogene (menopausa), da tossine esogene (febbri infettive, punture, ecc), da alcool e da traumi nervosi.

È inoltre estremamente importante per le malattie infettive, nelle setticemie, nelle infezioni locali di intestino e faringe. La corizza è preceduta e accompagnata da mal di testa che migliora con la fluidificazione, la tosse si accompagna alla sensazione di soffocamento ed è nervosa. È anche un grande rimedio dell’apparato genitale, della menopausa, dell’ipovarismo, della dismenorrea ovarica e delle mestruazioni poco abbondanti di sangue scuro con coaguli, della leucorrea. Relativamente alla cute, è importante nelle affezioni che sanguinano e che sono dolorose e brucianti. Lateralità – Sinistra.

 

Vipera berus, Viperidae (2). Agisce in modo elettivo su tutto il sistema circolatorio, sangue, cuore, vene e linfatici. Il sangue è modificato nella sua composizione, c’è coagulazione, vasodilatazione, ipotensione, aumento e indebolimento dei battiti ed infiammazione delle tuniche vascolari.

Il veleno causa dolore intenso e tumefazione ed ha anche azione violenta sul fegato che risulta essere aumentato di volume, dolente ed i dolori si irradiano alla spalla e all’anca destra. Per questo trova indicazione nella cirrosi ipertrofica, nella congestione epatica, negli itteri infettivi e nella febbre gialla.

I veleni di serpente ed il meccanismo emostatico

I veleni di serpente contengono una varietà di fattori in grado di agire sul meccanismo emostatico umano in senso sia procoagulante che anticoagulante.

La loro azione in particolare può esplicarsi su:

  • fattori II, V e X della coagulazione
  • proteina C
  • vari stadi della fibrinogenesi
  • integrine
  • fattore di VonWillebrand
  • membrana basale degli endoteli
  • matrice connettivale
  • giustificando così la loro azione sia locale sia sistemica (3).

Tra i costituenti che maggiormente hanno dimostrato tali azioni ritroviamo il gruppo delle metalloproteasi, molto abbondanti nei veleni dei crotalini e viperini, ma presenti anche nei veleni dei cobra (4).

Diverse sono le classificazioni che riguardano queste metalloproteasi, in base alla necessità di valutarne il target biochimico piuttosto che la potenza.

In base al target sono state considerate le SVTLE (snake venom thrombin like enzymes) con azione trombina like, e non inibite dall’eparina (5, 4), più in generale le SVMP (snake venom metalloproteinases) le cui azioni verranno affrontate di seguito, e le disintegrine, simili al gruppo delle ADAMs (a disintegrine like and metalloprotease containing protein) dei mammiferi (4, 6).

Le metalloproteasi in generale sono enzimi zinco-dipendenti divise ormai da diversi in anni in quattro gruppi in base sia alla composizione biochimica, sia in base alla potenza (da PI a PIV).

Tali metalloproteasi sono sintetizzate in forma di zimogeno (enzima inattivo) nelle ghiandole velenose del serpente.

I domini enzimatici rilevati presentano due forme: una disulfurica ed una trisulfurica. In particolare sulle classi PII-III-IV sono stati rilevati altri domini sul versante carbossilico del dominio, con attività proteasica: si tratta di disintegrine, domini disintegrina-like, domini ad alto contenuto cisteinico e domini di legame con la lectina (6) grazie ai quali sono stati analizzate ulteriormente le attività metalloproteasiche specifiche; tali domini non enzimatici sembrano infatti poter modulare l’attività biologica delle proteasi stesse (6).

Le metalloproteasi del gruppo PIII (SVMPs) sono note come le tossine maggiormente in grado di generare eventi emorragici, soprattutto nei crotalidi Bothrops, Crotalus e Lachesis, in particolare per la capacità del dominio carbossilico di determinare la potente attivazione emorragica nonché di legare la matrice extracellulare ed i substrati della superficie cellulare anche a livello endoteliale (amplificazione dell’azione sul sistema coagulativo).

Nello specifico, la presenza dei domini ricchi di cisteina sembra essere la chiave in grado di attivare il fattore di vWF e di conseguenza gli eventi proaggreganti (7, 8) tramite l’ulteriore attivazione della via GP1B dipendente (9).

In base al veleno che viene esaminato, le metalloproteasi hanno mostrato una modalità di interazione diversa verso il vWF, in particolare andando ad agire su un sito di clivaggio differente (8, 9, 10).

Nonostante questo, è stata riscontrata un’alta omologia di sequenza tra le metalloproteasi di viperini, crotalini e cobra (10). La formazione di un trombo è un evento che coinvolge diversi fattori: in primis i recettori di adesione piastrinica, il GP1B-IX-V ed il GPVI che legano a loro volta il vWF ed il collagene rispettivamente. Questi legami sono poi in grado di scatenare segnali intracellulari che comportano la degranulazione, l’aumento del calcio citosolico, il riarrangiamento del citoscheletro e l’attivazione interno-esterna delle integrine e del GPIIb-IIIa che, legando il vWF o il fibrinogeno, mediano l’aggregazione piastrinica (11, 12).

Rispetto a tali eventi possiamo quindi distinguere due famiglie di proteine di veleni:

  1. proteine tipo C con azione lectina like che agiscono su GP1alfa, GPVI, GPI aIfa mimando la presenza del ligando
  2. metalloproteasi disintegrine che hanno invece un’azione proteolitica o non proteolitica su GPIbalfa, GPVI e GPIaIIa (11, 13).

Le disintegrine in particolare sono una classe di proteine in grado di legare le “integrine” di membrana (che a loro volta mediano l’attivazione della cascata coagulativa) e sono una famiglia di polipeptidi omologhi contenenti una sequenza arginina-glicina-aspartato (sequenza RGD) in grado di bloccare il legame del fibrinogeno al recettore delle piastrine (14).

Le disintegrine sono risultate da 500 a 2000 volte più potenti di altri peptidi contenenti la stessa sequenza RGD (14, 15, 16), probabilmente per la conformazione tridimensionale della molecola in cui tale sequenza è contenuta.

Oltre l’azione sul sistema coagulativo, le metalloproteasi hanno mostrato un’azione tossica e lesiva sul muscolo scheletrico (forse secondaria agli eventi pro o anticoagulativi), sul microcircolo e sulla matrice extracellulare, dove innescano un processo di fibrosi e infiammazione TNFalfa e IL-6 mediato (17, 18, 19), caratterizzata da necrosi del tessuto coinvolto.

In particolare si sono mostrate estremamente attive in questa azione le metalloproteasi del gruppo PI e PIII e l’azione lesiva si è riscontrata sicuramente sulla laminina, sul nidogeno e sul collagene di tipo IV delle membrane basali (almeno in vitro) (3, 20).

Ogni veleno di serpente, pur essendo un insieme di molecole con uguale tropismo di sistema, si distingue per la direzione verso cui sposta l’equilibrio omeostatico e ciò è possibile per la presenza di specifiche tossine, alcune delle quali sono state isolate.

L’avvelenamento da Lachesis è caratterizzato da una vera e propria emorragia, disordini della coagulazione ed insufficienza renale; l’emorragia è la complicanza maggiore dell’avvelenamento dei Bothrops e dei Lachesis (27) le cui metalloproteasi contribuiscono in maniera importante all’emorragia locale e sistemica dopo il morso. Due di queste metalloproteasi, chiamate inizialmente Lachesis Hemorrhagic Factor I e II (LHF 1 e LHF2, corrispondenti alla mutalisina I e Mut-II) sono state purificate e caratterizzate (28, 29). In particolare la mutalisina II è, come le altre metalloproteasi, una zincoendopeptidasi attiva sul sistema fibrinogenico/litico (21,22) che può essere inibita dalla alfa2macroglobulina umana, una glicoproteina in grado di formare con la mutalisina II un complesso inattivo (22). La mutalisina II è presente nel veleno in due isoforme: la IIa e la IIb (23) che sono proteasi monomeriche non glicosilate con massa molecolare pressoché identica, stabili per

la presenza dello zinco e attive sul fibrinogeno.

Dal veleno di Crotalus sono state invece isolate due nuove proteine denominate CHH-A e CHH-B, oltre le già note alboaggregina e echicetina. Dallo studio della loro azione sembra che tali proteine appartengano alla famiglia delle proteine C type lectina e che siano in grado di attivare pertanto il GPIbalfa a livello N termnale inibendo così il legame con il vWF, a dosaggi IC50 già di 0,2 microgrammi/mL (24,25).

Anche nei Naja sono state rintracciate tossine capaci di clivare il fattore vWF (26).

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