Può un nutraceutico avere effetti ateroprotettivi?

Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità in tutto il mondo.

L’aterosclerosi è la principale base patologica delle malattie cardiovascolari ed è strettamente connessa a iperlipidemia, danno endoteliale, formazione di cellule schiumose, proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce vascolari (VSMC) e recentemente è stata messa in correlazione con un microbiota intestinale disbiotico.

Le principali terapie farmacologiche devono essere effettuate in modo cronico e gli effetti collaterali che ne possono derivare non devono essere trascurati, per ottenere un’adeguata aderenza alla terapia e quindi una buona riuscita clinica.

Nell’articolo Atheroprotective Effects and Molecular Mechanism of Berberine i ricercatori hanno effettuato una review delle più recenti evidenze sulla berberina per comprendere a fondo i suoi effetti ateroprotettivi.

Le sostanze “naturali” possono avere un ruolo nella pratica clinica?

Le principali terapie farmacologiche hanno consentito di ridurre in maniera considerevole gli eventi cardiovascolari; nonostante questo l’OMS ha dichiarato che nel 2020 circa 18 milioni di persone sono morte a causa di malattie cardiovascolari, pari al 30% della mortalità mondiale totale.

La ricerca di nuove sostanze capaci di avere effetti ateroprotettivi è fondamentale per ridurre questo numero.

I nutraceutici sono nell’immaginario comune sostanze “naturali” che non sempre dimostrano effetti clinici; bisogna ricordare che nel 2015 il premio Nobel per la medicina è stato assegnato alla ricercatrice cinese To Youyou per la scoperta dell’artemisina isolata dalla Artemisia annua per la cura della malaria. Stesso riconoscimento è stato assegnato ai ricercatori Satoshi Ōmura e William Cecil Campbell per aver scoperto il gruppo di composti conosciuto come ‘avermectina’ usati per curare l’oncocercosi.

Questo ha dato il via alla scoperta e allo sviluppo di nuovi farmaci di derivazione naturale: tra questi, la berberina ha suscitato l’attenzione di numerosi ricercatori per i suoi effetti benefici sull’aterosclerosi, attraverso la regolazione di molteplici aspetti della sua progressione.

Le evidenze su questa molecola hanno spinto anche le due società più importanti in ambito cardiovascolare quali la Società Europea di Cardiologia (ESC) e la Società Europea di Aterosclerosi (EAS) ad inserirla nelle linee guida come nutraceutico di scelta nel trattamento delle dislipidemie.

Quali sono i meccanismi d’azione che consentono alla berberina di avere effetti ateroprotettivi?

La berberina è nota per avere proprietà ipolipemizzanti; riducendo il colesterolo LDL ed aumentando i livelli di HDL potrebbe ridurre l’aterosclerosi attraverso la regolazione del profilo lipidico ematico.

Il suo meccanismo d’azione che prevede un up-regulation dei recettori LDL, risulta diverso da quello adottato dalle statine, questo fa sì che la berberina possa essere utilizzata in monoterapia ma anche in add-on ai farmaci ipolipemizzanti quando questi non sono sufficienti per portare a target il paziente.

Uno studio ha infatti dimostrato come la combinazione berberina e simvastatina abbia ridotto in maniera più performante il colesterolo LDL (48%) rispetto alla sola berberina (26,8%) e alla simvastatina in monoterapia (28,3%).

La berberina ha dimostrato anche altri effetti che possono concorrere a ridurre l’aterosclerosi: questo erbale riduce drasticamente l’adesione dei monociti alle cellule endoteliali sopprimendo VCAM-1 (molecola di adesione cellulare vascolare-1) e ICAM-1 (molecola di adesione intracellulare-1), con una riduzione significativa di NK-kB e di tutte le interleuchine pro-infiammatorie evitando così il danno endoteliale.

Il suo meccanismo anti-infiammatorio contribuisce anche a ridurre la trasformazione dei macrofagi in cellule schiumose, segno distintivo nella fase iniziale dell’aterosclerosi.

Un altro meccanismo coinvolto negli effetti ateroprotettivi è la capacità della berberina di sopprimere la proliferazione e la migrazione delle cellule muscolari lisce vascolari (VSMC), inibendo direttamente l’angiotensina II e il fattore di crescita epidermico legante l’eparina.

Un aspetto di recente acquisizione non meno impattante nel ridurre l’aterosclerosi è la capacità della berberina di modulare il microbiota intestinale.

Infatti, alcune specie batteriche sono in grado di favorire lo sviluppo dell’aterosclerosi mediante la formazione di trimetilammina (TMA) convertita poi in trimetillamina-N-ossido (TMAO); la berberina sembrerebbe ridurre direttamente la TMA.

Inoltre, l’uso di berberina aumenta l’espressione di Akkermansia, batterio che ha dimostrato di ridurre l’aterosclerosi indotta da una dieta ricca di grassi.

Sebbene la berberina abbia dimostrato di possedere diverse attività nel controllare l’aterosclerosi la sua scarsa biodisponibilità orale (<1%) rende necessario lo sviluppo di formulazioni a maggiore assorbimento intestinale che ne possano garantire gli effetti ateroprotettivi.

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