Il microbiota intestinale può influenzare il cancro ovarico?
Negli ultimi anni, la presenza di un possibile legame tra microbiota e cancerogenesi ha rappresentato una questione emergente con lo sviluppo di numerosi studi che confermavano questa correlazione.
Più volte, infatti, è stato dimostrato che il microbiota intestinale può contribuire alla formazione di tumori e alla scarsa risposta chemioterapica; la presenza di batteri opportunisti come Helicobacter pylori e Salmonella enterica promuovono lo sviluppo del cancro gastrointestinale, mentre Fusobacterium nucleatum è associato allo stato avanzato del tumore e alla peggiore prognosi di cancro del colon.
Nella review Gut microbiota and its influence on ovarian cancer carcinogenesis, anticancer therapy and surgical treatment: A literature review i ricercatori hanno cercato di identificare un microbiota intestinale tipico delle donne con cancro ovarico e come questo possa interagire con l’evoluzione della malattia e le terapie antitumorali.
Quali sono i meccanismi che correlano batteri intestinali al cancro dell’ovaio?
Considerando che le donne con k ovarico sono caratterizzate da sintomi gastrointestinali come dolore, gonfiore e stitichezza, i ricercatori hanno trovato interessante indagare sui cambiamenti del microbiota intestinale arrivando a identificare un consorzio rappresentativo in queste donne.
Schematicamente, i batteri possono influenzare la carcinogenesi in tre modi diversi: promuovendo la proliferazione cellulare, attraverso perturbazioni del sistema immunitario o modificando il metabolismo interno delle cellule.
È stato dimostrato che alcuni batteri patogeni producono proteine coinvolte nella proliferazione cellulare, nella migrazione e nell’angiogenesi, mentre i lipopolisaccaridi di membrana (LPS), legandosi ai recettori Toll-like, interagiscono con il sistema immunitario promuovendo uno stato infiammatorio sub-clinico che favorisce il microambiente per la cellula tumorale.
Diversi lavori hanno dimostrato come il microbiota intestinale interagisca anche con le terapie antitumorali quali chemioterapia, immunoterapia e radioterapia. Il meccanismo d’azione ipotizzato si basa sulla possibilità che alcuni batteri Gram-negativi, potenzialmente patogeni, possano traslocare dall’intestino ad altri distretti corporei.
Tali batteri attraversano l’epitelio intestinale, reso maggiormente permeabile da farmaci antitumorali come il cisplatino, raggiungono distretti distanti tramite il sistema linfoide e promuovono la resistenza alla terapia instaurando processi infiammatori.
Il cisplatino aumenta anche la disbiosi intestinale riducendo specie benefiche come Bifidobacterium e Lactobacillus e favorendo la crescita di Escherichia coli e Staphylococcus.
L’uso di ceppi probiotici può essere utile durante le terapie antitumorali?
Altri lavori hanno dimostrato come l’uso di ceppi probiotici durante la chemioterapia possa aiutare a contenere gli effetti collaterali della terapia antitumorale riducendo diarrea e cardiotossicità con inibizione dei processi infiammatori.
Inoltre, l’uso di specifici ceppi probiotici può ridurre la crescita di batteri potenzialmente patogeni, indotta dall’uso delle terapie antitumorali. I ricercatori hanno evidenziato la necessità di sviluppare terapie personalizzate con probiotici per ridurre lo sviluppo di batteri Gram-negativi al fine di diminuire l’infiammazione sub-clinica da loro indotta e modulare il sistema immunitario in chiave proattiva, nonché per calmierare gli effetti collaterali da terapia antitumorale.
Anche se gli studi a supporto sono pochi, si potrebbe pensare che l’uso di ceppi probiotici possa migliorare anche la risposta antitumorale.
Un’ulteriore arma a disposizione del clinico è l’analisi del microbiota fecale, per poter identificare una disbiosi e la possibile cura prima di iniziare gli interventi mirati a risolvere il tumore all’ovaio.