Qual è il ruolo del microbiota vaginale nell’infezione da papillomavirus umano?

Il microbiota vaginale è caratterizzato dalla presenza o dall’assenza di lattobacilli. Nella pratica clinica i lattobacilli a livello vaginale vengono associati ad uno stato di salute, mentre la loro assenza porta alla crescita di batteri responsabili delle principali infezioni in ambito ginecologico.

Diversi studi associano la vaginosi batterica a numerosi problemi di salute riproduttiva; ma cosa collega la disbiosi vaginale alla presenza e alla persistenza dell’HPV?

Solo recentemente, grazie all’ausilio delle nuove tecniche di analisi, si è potuto definire il microbiota vaginale in Community State Types (CST) e conseguentemente lo si è potuto studiare ed associarle alle principali patologie del tratto genito urinario, comprese le infezioni virali (HPV, HIV, Herpes, ecc).

Nella review con meta-analisi pubblicata su BJOG The vaginal microbiota, human papillomavirus and cervical dysplasia: a systematic review and network meta-analysis i ricercatori hanno analizzato oltre 1600 studi che correlavano il microbiota vaginale all’infezione da HPV.

Le conclusioni aprono le porte ad un nuovo parametro da considerare nella patogenesi della malattia da HPV: “un microbiota vaginale dominato da Lactobacillus iners o scarso in lattobacilli è associato ad un rischio da 3 a 5 volte superiore di sviluppare qualsiasi HPV prevalente e da 2 a 3 volte maggiore di avere HPV ad alto rischio (HR-HPV), displasia e cancro cervicale rispetto a donne con predominanza Lactobacillus crispatus.

Perché i ricercatori valutano il microbiota vaginale nella clearance dell’HPV?

Il papillomavirus umano è una delle più comuni infezioni a trasmissione sessuale, fortunatamente la maggior parte delle infezioni si risolve spontaneamente dopo pochi mesi. L’infezione persistente da HPV, soprattutto per i genotipi virali ad alto rischio, può portare a displasia e cancro alla cervice, il quarto tipo di cancro più comune al mondo nelle donne.

Lo studio sul microbiota vaginale e l’HPV nasce dall’esigenza dei clinici di capire perché in alcune donne avviene la clearance spontanea mentre in altre il virus persiste aumentando il rischio di cancro.

Gli studi recenti suggeriscono che un microbiota vaginale povero in lattobacilli apre la porta non solo all’ingresso di batteri responsabili di vaginosi, ma anche ai virus.

Sorprendente notare che non solo la cosiddetta disbiosi vaginale sia responsabile dell’ingresso e della persistenza all’HPV, ma che anche la predominanza di alcuni lattobacilli come il Lactobacillus iners ne facilitino l’infettività.

Questo suggerisce che non tutti i lattobacilli hanno le stesse proprietà protettive e che alcune specie risultano più vantaggiose di altre.

Quali risultati ha evidenziato la review?

I ricercatori hanno valutato solo gli studi che analizzavano i CST in base alle dominanze di L. crispatus (CST I), L. gasseri (CST II), L. iners (CST III), scarsa presenza di lattobacilli (CST IV) e L. johnsonii (CST V) e lo correlavano all’infezione da HPV.

Per aumentare la qualità della meta-analisi, gli studi sono stati esaminati da tre ricercatori diversi e presi in considerazione solo se evidenziati da tutti.

Di oltre 1600 studi valutati la ricerca ha selezionato 11 articoli che rispecchiavano le caratteristiche richieste.

Di tutti i CST, quello a bassa concentrazione di lattobacilli (CST IV) ha mostrato la più forte associazione con qualsiasi HPV; lo stesso risultato si è avuto con le donne a dominanza L. iners (CST III).

Tra tutti i CST, il microbiota vaginale a dominanza L. crispatus risultava sempre il più protettivo sia nella penetrazione dell’HPV che nella sua persistenza, anche nei confronti dei genotipi ad alto rischio.

I risultati della meta-analisi suggeriscono un coinvolgimento specifico della comunità batterica vaginale nell’acquisizione dell’HPV e nella progressione verso il cancro alla cervice.

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